Parlare di Bourbon non è mai facile. Perché è come parlare di un amico di vecchia data. Ci sarebbero tante cose da dire e non si sa mai da che parte cominciare.
E proprio come il migliore degli amici, anche quando è lontano, anche quando non lo vedi da tanto tempo, sai che c’è, ed è sempre felice di rivederti. Non ti giudica mai, il Bourbon. Non ti dice mai: “Te l’avevo detto”. E non ti consola nemmeno, sai. Non cambia la verità dei fatti. A volte te li fa digerire meglio, ma dura solo il tempo di una serata. Ad ogni modo lui, qualunque cosa succeda, è lì: ride con te, soffre con te, piange con te, esulta con te.
Questo per me è il Bourbon; un amico che ha condiviso con me la vita. Era con me quando ero solo, mi parlava attraverso due cubetti di ghiaccio che non la smettevano mai di tintinnare. Era con me quando ero in compagnia, e vedeste come gli piace passare di mano in mano, farsi assaggiare, accorciare le distanze tra le persone.
Nei momenti più belli lui c’era, anche se, da buon compagno di viaggio, mi ha sempre tenuto con i piedi per terra, perché lui sa quanto sia bello salire le scale fino in cima, ma sa anche quanto sia difficile ridiscenderle se ne hai bevuto uno di troppo.
I più bei ricordi sono lì, aggrappati a un tumbler freddo con due dita di amicizia dentro.
Non ricordo il nome o la faccia della gran parte delle persone che ho incontrato nella vita, ma non mi dimentico di un bar. Non mi dimentico di una cena, di una città. È buffo ricordarsi di un posto perché lì hai assaggiato il tuo primo Maker’s Mark e non ricordarsi della donna che era con te.
Ma tanto vale tenerselo stretto un amico, non se ne trovano tanti in giro oggi.
Paolo Fittipaldi